« la musica per bambini nasce lavorando con i bambini e lo Schulwerk vuole essere stimolo per un proseguimento creativo autonomo; infatti esso non è definitivo, ma in continua evoluzione.»
CARL ORFF
Il clima tetro che si respira ascoltando “O Fortuna”, l’incipit dei “Carmina Burana” di Carl Orff, ha impresso sulla famosa opera del compositore tedesco un marchio nero come la pece, che la rendono nella percezione dei più un componimento dai tratti oscuri e drammatici.
Se però da un lato è innegabile che l’evocativo coro si presti ad una semplificazione di questo tipo, approfondendone i contenuti e esaminandone le parole, scopriremmo che nelle intenzione il testo è in realtà un’invettiva rivolta alla sorte, accusata di sottoporre il destino dell’uomo ai suoi capricci.
L’impotenza dell’essere umano nei confronti della casualità è un fatto, ma è altrettanto vero che circostanze che sembrano presentarsi come avvisaglie di un periodo funesto, spesso rivelino invece nuove opportunità che altrimenti non si sarebbero neanche prese in considerazione, dando luogo a reazioni capaci, non soltanto di liberare chi ne è vittima dal torpore astratto nel quale l’evento imprevisto lo aveva trascinato, ma addirittura di produrre conseguenze inimmaginabili.
In questa storia però Carl Orff resta ai margini , pur avendo un ruolo involontariamente fondamentale.
Il vero protagonista è un uomo comune, un certo Hans Fenger che agli albori degli anni settanta, si barcamenava, guadagnandosi da vivere insegnando chitarra e suonando in qualche piccolo locale durante la notte, costretto suo malgrado a gettare l’ancora e posare definitivamente i piedi per terra, quando la prospettiva di diventare padre, lo strappò ai suoi sogni di gloria.
Di sicuro l’incertezza di una carriera musicale, che tra l’altro non sembrava aver dato grandi frutti, era incompatibile con le necessità della nuova famiglia che lui, la fidanzata e il piccolo in arrivo, stavano diventando e dopo la comprensibile tempesta di sensazioni e lo sconforto che quella brusca caduta dalle nuvole portò con se, Hans riprese gli studi presso la Simon Fraser University con l’obbiettivo di conseguire una licenza per l’insegnamento.
Con quel nuovo attestato sul quale investire e tanta buona volontà, Fenger ottenne presto un lavoro come insegnante di musica presso la scuola elementare Belmont a Langley, una piccola cittadina della British Columbia, descritta successivamente dallo stesso Hans come una comunità rurale con case sparse a parecchia distanza l’una dall’altra e con scarsissime possibilità per i ragazzini del luogo di sviluppare rapporti sociali, che trovavano quindi nella scuola una delle poche opportunità per sottrarsi a questa sorta di isolamento forzato.
Hans, nonostante il titolo acquisito, in realtà non aveva la minima idea su quale fosse il metodo convenzionale per insegnare musica in una vera scuola e i suoi alunni erano completamente a digiuno di qualsiasi nozione musicale.
Fenger descrive se stesso come “a guitar strumming hippie” e a conti fatti è fuori di dubbio che fu proprio una certa ”sovversiva” bizzarria a permettergli di approcciarsi al suo nuovo lavoro in maniera creativa, ed essendo consapevole dell’impossibilità di entusiasmare dei ragazzini così giovani con noiose lezioni di teoria musicale e sapendo che in ogni caso lui non era esattamente la persona più adatta a percorrere quella strada, cominciò da subito non soltanto a far cantare i propri studenti ma a fargli mettere le mani su strumenti che molti di loro non avevano neanche mai visto, con la prevedibile conseguenza che il suo metodo riscosse un notevole apprezzamento che gli restituì una discreta popolarità presso il distretto di Langley, al punto che sul finire del 1975, altre tre scuole, ovvero la “Lochiel School”, la “South Carvolth Elementary” e la “Glemwood School”, decisero di avvalersi dei suoi servigi e Fenger si trovò quindi ad insegnare a decine di ragazzini di età compresa tra i sei e i dodici anni.
Come ovvio in un contesto così tradizionale e probabilmente chiuso a qualsiasi tipo di innovazione, il metodo di Hans Fenger appariva particolarmente stravagante, ma gli altri insegnanti pur non comprendendo esattamente quali fossero le intenzioni e dubitando dei risultati che avrebbe potuto ottenere, non poterono non notare che i ragazzini partecipavano con grande entusiasmo alle lezioni, tanto da richiamare l’attenzione di Pat Bickerton, un collega che osservava con grande ammirazione i riscontri del lavoro di Hans, che dimostrò, nonostante la non più giovanissima età, uno spirito particolarmente liberale e progressista.
E così Fenger cominciò a fantasticare su un progetto musicale che avrebbe riunito i ragazzi delle tre scuole, e avendo trovato in Bickerton un partner determinato, in breve tempo mise insieme la strumentazione necessaria per realizzarlo, ovvero un basso e il relativo amplificatore, un ridotto kit formato da una grancassa, un numero imprecisato di piatti, tamburini e diversi altri strumenti a percussione oltre a xilofoni e metallofoni appartenenti allo “Strumentario Orff” adottando la linea didattica del musicista tedesco come riferimento per la messa in opera della sua iniziativa.
Come già detto, Carl Orff resta sullo sfondo, ma la sua influenza sulla metodologia didattitca di Hans Fenger fu enorme
e trovo giusto aprire una breve parentesi sul compositore tedesco, passato alla storia principalmente per il suo adattamento dei “Carmina Burana”, ma del quale si trascurano i meriti nell’ambito della pedagogia musicale.
Orff riteneva che per facilitare l’educazione musicale del bambino, andasse utilizzato un “linguaggio” alla sua portata che mettesse in risalto l’aspetto ritmico creando una relazione diretta con le reazioni motorie che l’ascolto della musica è capace di provocare servendosi di una serie di strumenti oggi conosciuti come “Strumentario Orff”
Queste esperienze didattiche condivise con i suoi collaboratori porteranno in seguito alla realizzazione di quello che impropriamente viene definito “metodo”, ma che è in realtà una sorta di raccolta di linee guida dalle quali prendere spunto per l’insegnamento della musica, che confluiranno negli anni cinquanta in “Musik für Kinder” un’opera in cinque volumi successivamente sviluppata e tradotta in moltissime altre lingue.
La scoperta di un approccio all’insegnamento come quello “orffiano” fu dunque provvidenziale per l’inesperto Hans alla ricerca di una possibile via da percorrere, e anche se in concreto il fatto di arrangiare, semplificandoli, brani già esistenti si scontrava con lo Orff-Schulwerk, come già visto gli permise di coinvolgere i suoi piccoli alunni conducendoli ad un successo del tutto inaspettato, ma a rendere ancora più sorprendente il viaggio che la sua esperienza stava intraprendendo, fu la “scoperta” di quanto la visione adulta di quella che dovrebbe teoricamente essere musica per bambini sembrava discostarsi radicalmente dal punto di vista dei giovani allievi del distretto di Langley.
Provando a tracciare delle caratteristiche comuni a quasi tutto il repertorio per bambini, otterremmo qualcosa del genere:
RICETTA DELLA CANZONE PER BAMBINI
- Una manciata di note, possibilmente ripetute all’infinito
- Qualche decina di vocaboli familiari e forme verbali semplici e facili da memorizzare
- Versi di animali vari a gusto personale
- Onomatopee Q.B.
L’esperienza di Fenger dimostra però che messi di fronte all’opportunità di scegliere, i bambini sembravano mostrare interesse per trame meno grossolane di quanto potremmo supporre ed è probabilmente vero che esiste una grossa contraddizione in relazione alla musica che siamo soliti proporre ai bambini, divisa tra facili filastrocche senza pretese o all’opposto impegnativi brani di musica classica, spesso usati, in maniera tra l’altro anche poco rispettosa, per conciliare il loro sonno e favorire quindi anche il nostro.
I bambini fecero infatti proposte sorprendenti, scovando brani che avevano certamente caratteristiche melodiche alla loro portata ma che in diversi casi celavano arrangiamenti che anche musicisti navigati faticherebbero a rendere credibili e la riflessione ricavata da Hans fu che in realtà la presunta musica per bambini non teneva conto della percezione che i bambini avevano della vita reale che poteva anche essere “oscura e spaventosa” e il fatto stesso che i bambini “avessero a cuore canzoni che evocavano tristezza e solitudine” sembrava confermarlo in maniera incontrovertibile.
Come tiene comunque a precisare lo stesso Hans Fenger, questo non significa assolutamente che quei ragazzini fossero potenziali depressi, ma dimostrava invece come avessero una grande sensibilità in grado di cogliere le atmosfere del brano ancora prima di comprendere, o forse addirittura senza avere la necessità di farlo, le parole del testo.
Per questo motivo Fenger fece di tutto per tutelare lo scenario emotivo di quei pezzi, lavorando invece sulla semplificazione degli arrangiamenti, in modo che i suoi alunni potessero eseguire brevi frasi di poche note con gli strumenti che avevano a disposizione, assegnando loro le diverse parti in modo che tutti potessero sentirsi ugualmente importanti e facendo si che il progetto si rivelasse sempre più come un’esperienza dall’enorme valore aggregante in un contesto come quello di Langley dove i rapporti sociali erano complicati.
Ed in breve tempo, travolto dall’entusiasmo dei suoi alunni, Fenger ebbe un’idea per certi versi folle e certamente imprevedibile alla luce di come tutto era iniziato, ma che credo gli concederà almeno una piccola nota, a mio parere del tutto meritata, nella grande storia della musica, fosse anche soltanto relegata in appendice.
Radunati gli studenti delle scuole di South Carvolth, Lochiel e Gleenwood, dopo solo una manciata di prove e con il supporto dell’amico Greg Finseth che mise a disposizioni una semplice piastra Revox e una coppia di microfoni Shure-SM58, Fenger suonò con i suoi ragazzi e incise su nastro nove delle canzoni che era solito eseguire durante le lezioni e grazie ai fondi raccolti dai genitori degli stessi studenti, in una sorta di crownfounding ante-litteram, fece stampare 300 copie di un disco destinato esclusivamente alle famiglie degli alunni e agli insegnanti dei tre istituti.
Il momento di grande festosità fu purtroppo funestato dalla morte di Pat Bickerton, il collega e amico che grazie al suo amore per la musica e alla sua insospettabile apertura mentale, recitò un ruolo fondamentale nella messa in opera di quella che probabilmente appariva ai più soltanto come un’idea balzana e fu naturale dedicare a lui il lavoro che i ragazzi avevano realizzato.
Scorrendo l’elenco delle canzoni che i ragazzini interpretarono, non è difficile rendersi conto della evidente inclinazione verso brani che univano melodie in apparenza semplici ma toccanti a strutture e soprattutto arrangiamenti tutt’altro che facili e così il repertorio comprendeva brani di grandi autori e interpreti quali “Venus and Mars” di Paul McCartney, “Spade Oddity” di David Bowie, “To Know Him is To Love Him” di Phil Spector , “I’m Into Something Good” della coppia formata da Gerry Goffin e Carole King.
Quando nel 1977 Hans venne trasferito alla Wix-Brown Elementary School, decise di ripetere nuovamente l’esperienza del disco utilizzando questa volta un registratore Teac a bobina e coinvolgendo circa 150 bambini nell’esecuzione di una scaletta che comprendeva brani ancora più impegnativi, come “Good Vibrations”e “God Only Knows” dei Beach Boys banchi di prova impegnativi anche per musicisti navigati, allo stesso modo di “Rhiannon” dei Fleetwood Mac o “Calling Occupants of Interplanetary Craft (The Recognized Anthem of World Contact Day)” dei Klaatu, composizioni che oltre ad arrangiamenti complessi, erano caratterizzati dalla necessità di evocare particolari atmosfere o stati d’animo, apparentemente non compatibili con la quiete e la serenità che abitualmente attribuiamo alla giovane età.
Eppure quello che sorprende è proprio l’intensità emotiva che queste interpretazioni sono in grado di trasmettere, capaci di meravigliare non solo gli ascoltatori comuni ma gli stessi autori dei brani.
Molti anni dopo, David Bowie riguardo all’interpretazione di “Space Oddity”, ebbe a dire: “Gli arrangiamenti sono sorprendenti.” e non mancò di sottolinearne anche l’effetto a suo modo straniante.
E anche musicisti non direttamente coinvolti trovarono estremamente affascinante quanto ascoltarono.
Fred Schneider dei B 52’s, rimase folgorato da questo “ossessionante , evocativo wall of sound che mi colpiva in maniera incredibilmente viscerale” e John Zorn si espose con grande entusiasmo affermando: “Questa è bellezza. Questa è verità. Questa è musica che arriva al cuore in una maniera che nessun altra musica ha mai fatto e mai potrà fare.”
E ancora una volta interverrà il caso o meglio la “fortuna” a riportare alla luce oltre vent’anni dopo, l’eccezionale lavoro di quest’uomo comune e dei suoi altrettanto comuni allievi di uno sperduto distretto canadese, portando tra le mani di Irwin Cushid una raccolta di brani compilata da un ascoltatore di “Incorrect Music Hour”, il programma da lui condotto sull’emittente WFMU.
Fu una delle tracce in particolare a colpire lo speaker radiofonico, si trattava dell’esecuzione di “Space Oddity” che nel foglietto allegato dall’ascoltatore era accreditata alla “Lochiel and South Carvolth Schools Gleenwood Region Music Group” e cosa ancora più rilevante una volta mandata in onda, le reazioni del pubblico furono estremamente positive, tanto da spingere Irwin acontattare Brian Linds, il ragazzo che gli aveva inviato la compilation, chiedendogli di mandargli tutto il materiale in suo possesso, riferibile a quella fantastica versione del celebre brano di Bowie.
Ricevette una copia in CD del secondo disco corredata soltanto di una fotocopia della copertina che non permetteva di identificare nulla riguardo agli autori se non i nomi delle tre scuole, ma ogni volta che Irwin ascoltava quel dischetto rimaneva incantato dalle interpretazioni di quei brani e la sua curiosità aumentava di pari passo con il desiderio di regalare a quei brani l’esposizione che meritavano.
Grazie a Internet, quei tre nomi erano comunque un discreto punto di partenza dal quale avviare le indagini, e così non passò molto tempo prima che Irwin riuscisse a contattare numerose persone ipoteticamente “informate sui fatti” legate al Distretto Scolastico di Langley, ma nessuna di loro si rivelò realmente utile ai fini dell’inchiesta, fino a quando il nome di Pat Bickerton, sembrò aprire uno spiraglio.
Mike, il figlio di Pat, insegnava come il padre nel comprensorio di Langley e fu grazie alla sua intercessione che Irwin potè finalmente incontrare Hans Fenger.
Quest’ultimo si stupì dell’entusiasmo di Irwin per quella che a lui appariva soltanto come una semplice esperienza, ma come ovvio era allo stesso tempo lusingato dalla grande ammirazione che lo speaker sembrava riservargli, che aumentò ulteriormente quando venne messo a conoscenza dell’esistenza di una seconda registrazione, ritenuta meno interessante dal diretto interessato, ma che a Cushid al contrario sembrò ancora superiore alimentando l’ambizione di mostrare i gioielli racchiusi in quei due album nati certamente senza nessuna aspirazione commerciale.
Cushid si mise immediatamente all’opera con il preciso obbiettivo di veder pubblicati quei due album, prima, con il supporto dell’amico Gert-Jan Blom, convincendo i vertici dell’olandese “Basta Audio-Visuals” delle potenzialità di quelle interpretazioni e successivamente cercando di districarsi nella matassa degli aspetti legali che un’iniziativa del genere si portava appresso, vista la difficoltà di rintracciare tutte le persone che avevano fatto parte del progetto iniziale più di vent’anni prima.
Così nel 2001 vide la luce “Innocence & Despair”, la raccolta in CD di entrambi gli album fino ad allora stampati soltanto in poche copie perché potessero rappresentare un semplice ricordo per i partecipanti e i loro familiari, divenne un vero e proprio disco, esattamente come quelli di David Bowie, dei Beach Boys e di Paul McCartney.
L’ultima missione per Irwin era quella di poter estendere la diffusione del disco anche sul suolo americano, visto che la pubblicazione della Basta era comunque limitata al vecchio continente e alla Gran Bretagna, e dopo una miriade di rifiuti ricevuti da diverse case discografiche, sarà ancora la fortuna a tendere la mano, quando la Bar/None, etichetta indipendente con un roster di tutto rispetto che comprendeva, tra gli altri, Yo La Tengo, Alex Chilton e Feeelies, si trovò con la necessità di riempire un vuoto editoriale con un’uscita nell’autunno del 2001 e non ci volle molto affinché i vertici dell’etichetta decidessere di approfittare dell’occasione e pubblicare il disco, ma come sottolinea lo stesso Irwin Cushid in realtà “fu la musica a convincerli”.
A titolo di pura curiosità e senza voler discutere sulla qualità della pellicola, il film “School of Rock” racconta la storia di un insegnante improvvisato, che proprio a causa dei suoi metodi tutt’altro che ortodossi conquista un’intera scolaresca e la conduce ad una maggiore consapevolezza del proprio talento, un plot che sembra l’ennesima favoletta messa in scena per conquistare una platea “facilona”, eppure “ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti” sembra essere per nulla casuale.
Se avete voglia di fare due chiacchiere, ci vediamo sul FORUM
Fonti Iconografiche:
- http://3.bp.blogspot.com/_4busGSVYlAA/TL7BV0A6A7I/AAAAAAAAAAM/oM6lIHInY8Q/s1600/orff.gif
- http://onlineathens.com/stories/110801/ent_1108010034.shtml#.Vrzy5VK2F-M
- https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/96/Heinz_Traimer_Design_Orff_Schulwerk.JPG
- https://www.flickr.com/photos/jimmypieprice/2468125292